“Per grandiosità di mole, armonia e complessità il nuraghe di Santu Antine costituisce uno dei più chiari esempi dell’architettura megalitica del Mediterraneo”.
ANTONIO TARAMELLI (Archeologo)
Sono anni che viaggiamo per la Sardegna, siamo innamorati di questa terra, e ogni volta ci ritroviamo sorpresi dalla scoperta di un qualche grandioso tesoro. Questa volta, girovagando on the road nella parte nord dell’Isola, ci siamo imbattuti nel Nuraghe di Santu Antine, una meraviglia che ci ha fatto strabuzzare gli occhi e battere il cuore.
Una struttura imponente, mastodontica, che ci ha trasportato indietro nel tempo di parecchi secoli.
IL MAGICO MONDO DEI NURAGHI
La Civiltà Nuragica è il DNA della Sardegna, non si può venire sull’isola ignorando i segni del suo misterioso e affascinante passato preistorico. I Nuraghi ci raccontano, infatti, di un società complessa, ricca e tenace che ci ha lasciato tracce ben visibili. In quanto grandi appassionati di archeologia, di Nuraghi ne abbiamo visti vari, dal complesso di La Sprigiona ad Arzachena nella Valle di Capichera, alle Tombe dei Giganti di Li Longu, fino al Nuraghe di Saccuronis vicino Macomer, e quello di Santu Antine ci è parso senza dubbio uno dei più imponenti in assoluto; si tratta di un nuraghe trilobato (a tre torri), che nasconde tra le sue mura un labirinto di corridoi, scale, camere, pozzi e silos. Ambienti molto ben conservati e presentati al visitatore con grande cura di particolari, il tutto reso ancora più affascinante da uno scenografico gioco di luci.
LA STRUTTURA
Situato nelle campagne del comune di Torralba, nella Sardegna nord-occidentale, e intitolato all’imperatore bizantino Costantino, il nuraghe di Santu Antine è anche noto come sa Domu de su Re (“La Casa del Re” ndr).
A detta di molti archeologi, nessuno degli oltre settemila nuraghi scoperti sinora sull’Isola raggiunge tale livello di elaborazione e raffinatezza.
Come già anticipato, la pianta di Santu Antine è un triangolo equilatero, che include tre torri raccordate da poderose e sinuose mura, nel cui centro svetta il mastio, ovvero la torre centrale, alta 17 metri (che originariamente raggiungeva i 24 m). La struttura è realizzata con blocchi basaltici murati a secco, imponenti e irregolari alla base, che danno l’impressione di crollare da un momento all’altro, ma che in realtà resistono in quella disposizione da tre millenni grazie alla sapiente ingegneria nuragica. Uno stretto passaggio che funge da ingresso immette all’interno della cinta muraria, che delimita un cortile di ben cento metri quadri, che lo convertono nel maggiore sinora conosciuto. All’interno si contano un pozzo di venti metri e sette ingressi simmetrici. Da quello centrale è possibile accedere da un lato a una scala elicoidale, dall’altro a un lungo corridoio anulare dotato di un pozzetto e illuminato da nove feritoie, particolarità questa che la contraddistingue da tutti gli altri nuraghi conosciuti.
“E’ ancora possibile salire sul terrazzo del mastio, dal quale si ammira una bellissima vista su tutta la campagna circostante e sui ruderi del villaggio, costituiti da 14 capanne circolari e da edifici rettangolari, testimoni del riuso in epoca romana.”
GLI SHARDANA, IL POPOLO VENUTO DAL MARE
Gli Shardana furono un popolo di abili guerrieri e di esperti navigatori vissuto verso la fine del II millennio a.C. nel bacino del Mediterraneo, le cui origini, però, sono ancora avvolte nel mistero. Essi vengono identificati con i cosiddetti Popoli del Mare. Alcuni studiosi (tra i quali Antonio Taramelli, scopritore di molti siti di varie epoche in Sardegna, e autore di ricerche che furono determinanti per la conoscenza dei riti funerari sardi nuragici) ritengono che siano nati nell’attuale Sardegna e che avrebbero dato vita alla cosiddetta civiltà nuragica.
Molte delle attuali conoscenze sugli Shardana derivano solo da fonti indirette, in particolare di origine egizia. La testimonianza più antica che abbiamo risale al 1350 a.C., costituita dalle cosiddette “Lettere di Amarna“, una raccolta di corrispondenze del Faraone Akhenaton, dove gli Shardana vengono descritti come un temibile popolo di pirati e mercenari. Tra le testimonianze direttamente collegate con gli Shardana, invece, troviamo una straordinaria varietà di statuette votive e modelli in bronzo, alcuni dei quali rinvenuti proprio nel territorio di scavo del Nuraghe di Santu Antine (vd i Bronzetti Sardi). Si tratta di figure di guerrieri armate con un pugnale e con arco e frecce, o con una spada, coperti da un elmo con due corna e uno scudo circolare. Secondo la tesi supportata da Vere Gordon Childe, nel suo The Bronze Age, l’abbigliamento e l’equipaggiamento non lasciano dubbi sulla sostanziale identità tra i fanti sardi e i corsari e mercenari rappresentati nei monumenti egizi come “Sherdana”.
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